Nel corso della storia sono tantissimi i personaggi famosi che hanno condiviso la loro vita al fianco di un amico a quattro zampe. Alcuni di loro hanno scritto anche degli aforismi bellissimi su di loro, come non citare Gandhi con “la civiltà di un popolo si misura dal modo in cui tratta gli animali”. Una perla di saggezza che dovrebbe essere d’esempio per tutte le culture del mondo! Scopriamo chi sono stati i cani famosi nella storia e con chi hanno vissuto la loro esistenza…
Peritas, Argo e il barboncino di Schopenhauer
Quando si parla di cani famosi nella storia, come non citare Alessandro Magno e il suo cane peritas, che gli salvò la vita durante la battaglia contro Dario III, re di Persia. O ancora Argo, il cane di Ulisse, menzionato nell’Odissea, che anche da vecchio e malato riconobbe il padrone travestito da mendicante. Omero racconta che l’unica lacrima che Ulisse versò al suo ritorno ad Itaca fu proprio per il suo amico a quattro zampe!
Ricordiamoci anche della massima di Arthur Schopenhauer “chi non ha mai posseduto un cane, non sa cosa significhi essere amato”. Il filosofo tedesco era, diremmo oggi, un animalista d’hoc considerando anche che era vegetariano. In pochi sanno però che il filosofo condivideva le sue giornate, meditazioni, riflessioni e passeggiate con il suo fedele barboncino bianco che aveva due nomi: Brahman per le occasioni sociali, e Atman per le conversazioni più intime e personali.
Non è una scelta casuale quella di Schopenhauer, in quanto Brahman, nella filosofia induista rappresenta il sé universale (ecco quindi il nome per le occasioni sociali) mentre Atman il sé individuale.
Cani famosi nella storia: Jofi, il cane di Sigmund Freud
Anche Sigmund Freud aveva un cane, femmina per l’esattezza, si chiamava Jofi ed era di razza Chow Chow. Visse con Freud dal 1930 al 1937. Il dottore, durante le sue sedute teneva con se Jofi, in quanto secondo il suo punto di vista aveva un effetto tranquillizzante sui pazienti, soprattutto con i bambini. Inoltre Jofi aveva la capacità di percepire i pazienti tranquilli da quelli agitati; si sdraiava infatti vicino ai primi e si allontanava invece dai secondi.
Jofi faceva anche da segretaria a Sigmund Freud, indicandogli quando la seduta era terminata; passati i 50 minuti si alzava, andava alla porta e faceva capire sia al padrone che al paziente che il tempo era finito. Quando Jofi morì fu un duro colpo per Freud, al punto che prese un altro Chow Chow di nome Lun, che portò con sè anche nella sua fuga dai nazisti nel 1939.
Titina, il cane di Umberto Nobile
Tra i cani famosi ricordiamoci Titina, il cane di Umberto Nobile, il militare, ingegnere e aviatore italiano famoso per le sue spedizioni in dirigibile. Prima di incontrare Nobile, Titina era una randagia che vagabondava per le vie di Roma, finchè una sera del 1925 ebbe la fortuna di incontrarlo. Condivisero tutto, la fortuna e la disgrazia.
Umberto Nobile decise di portare Titina con sé nella spedizione in Polo Nord del 1926, diventando la mascotte nello storico tentativo di sorvolare il Polo Nord in dirigibile. La biografia di Titina come mascotte di Nobile venne pubblicata persino sul New York Times. Nobile non si separava mai dalla sua Titina al punto che per lui era impensabile farsi fotografare senza di lei. Titina condivise con lui non solo gioie e successi ma anche i momenti più tristi.
Il 25 maggio del 1928, nel corso di una spedizione al Polo Nord, il dirigibile Italia precipitò durante una tempesta. Il gruppo dei superstiti dovette sopravvivere un mese prima che un aereo svedese li avvistasse. Il pilota svedese aveva ricevuto l’ordine di recuperare solo Nobile e l’aviatore salì a bordo con Titina. L’aereo avrebbe dovuto fare più viaggi per recuperare tutti i membri della spedizione ma sfortuna volle che durante il secondo viaggio di recupero si schiantò. I restanti membri della spedizione dovettero attendere altre settimane prima di essere recuperati.
Questo gesto, ossia accettare gli ordini del pilota svedese, venne interpretato malissimo dalla stampa, al punto che costò a Nobile la reputazione. Aver portato Titina con sè, fu per la stampa un ulteriore occasione per denigrare Umberto Nobile; un uomo macchiato dal “terribile gesto” di aver salvato un cane (di cinque chili) e lasciato al freddo la sua squadra. In seguito, finita la guerra e il fascismo, fu scagionato ufficialmente e riuscì ad ottenere i gradi da maggiore, nel 1945.