Il Ministero smentisce: non saranno depenalizzati i reati contro gli animali

leggi animali domestici

Dopo che con il decreto della depenalizzazione dei reati di particolari tenuità del fatto aveva gettato nello sconforto gli animalisti, che si vedevano cancellate in un sol colpo tutte le lotte fatte per combattere la crudeltà nei confronti degli animali domestici e per difendere i loro diritti, dopo la mobilizzazione che ha preso d’assalto internet e i social network e dopo la mail bombing nei confronti delle istituzioni pubbliche, il Ministero di Grazia e Giustizia si è profuso in riassicurazioni. I reati contro gli animali non saranno depenalizzati.

Come si ricorderà lo schema del decreto sulla depenalizzazione delle condotte tenui prevedeva l’archiviazione, sentite le parti, di quei reati la cui pena detentiva è inferiore ai 5 anni. Nella lista dei reati minori potevano cadere anche i reati sugli animali, in quanto le norme a tutela prevedono, oltre che una pena pecuniaria, dai 3 ai 18 mesi di carcere. Il maltrattamento (art. 544 ter c.p.) è punito con una reclusione di tre mesi a un anno e l’uccisione (art. 544 bis) con la reclusione da 3 a 18 mesi.

Cosicché il ministro Orlando ha rassicurato gli ambientalisti che questi reati non saranno inseriti tra quelli per cui è prevista la non punibilità, affermando in un comunicato stampa che il decreto legislativo «ha come presupposto la possibilità che la vittima si opponga all’archiviazione stessa del reato proposta dal pubblico ministero. È evidente che questo meccanismo non può riguardare i reati di maltrattamenti di animali». La specificità di questi reati, pertanto, «sarà tenuta in considerazione nel testo finale del provvedimento all’esito dei pareri espressi dalla Camera e dal Senato a cui è stato trasmesso lo schema di decreto approvato dal Cdm».

Il chiarimento del Ministro ha trovato ragione grazie alla lettera della senatrice AMATI del PD, in cui segnalava ad Orlando che nel caso in cui le vittime erano animali, il meccanismo si sarebbe prestato a uno sbilanciamento a favore del reo, considerando che il decreto prevede che il PM senta entrambe le parti, prima di proporre l’archiviazione. Gli animali in questo caso non avrebbero la possibilità di contestare la tenuità del fatto.

Da punto di vista tecnico, l’intervento della Amati fa riferimento alla legittimazione delle associazioni animaliste a difendere i diritti della parte lesa (ossia dell’animale maltrattato o ucciso), in base all’art. 7 della legge 189/2004, e in giurisprudenza dalla sentenza della Cassazione penale, Sezione III, n. 34095 del 12 maggio 2006.

Se da un lato è vero che le associazioni ambientaliste possono costituirsi parte civile nel procedimento contro un indagato che si è macchiato di reati contro gli animali, dall’altro verso, poiché il decreto mira all’archiviazione del fatto, le associazioni potrebbero non essere avvertire per tempo delle denunce, rimanendo escluse da alcuni procedimento. È sotto questo aspetto che si sta rischiando di vanificare le lotte che avevano portato al varo della legge n. 189/2004.