Processo Green Hill: Sentenza storica

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Sebbene le condanne siano state più leggere rispetto alle richieste del Pubblico Ministero, Ambrogio Cassiani che aveva chiesto dai due anni ai tre anni e sei mesi, i responsabili del laboratorio bresciano, sono stati condannati ad un anno e sei mesi, a cui si aggiunge il divieto di allevare cani per i prossimi due anni e un risarcimento di 30.000 euro per la Lav che si è impegnata per trovare le famiglie idonee dai cani sequestrati.

Come si ricorderà la vicenda iniziò nel 2012 con un esposto per maltrattamenti ai cani da parte della Legambiente alla procura di Brescia, che nella in estate del 2012 aveva ordinato il sequestro degli animali presenti nella struttura. Si trattava di beagle, destinati alla sperimentazione nei centri di ricerca e nelle università italiane ed estere. In tutto vennero sequestrati 3000 cani che la Lav e Legambiente aveva affidato alle famiglie italiane.

I giudici di Brescia nell’emettere la sentenza si sono basati su prove di maltrattamento ai danni dei beagle tra queste (indicate dalla Lav) spiccano:

  • Numero dei decessi di cani che avveniva per totale mancanza di cure idonee. Si parla di 6023 beagle morti tra il 2008 e il 2012. Secondo il veterinario Moriconi, consulente del Pubblico Ministero, che ha esaminato la documentazione, almeno 40 cani sarebbero stati uccisi senza valide ragioni:
  • A Green Hill era presente un solo veterinario che doveva occuparsi di 3000 cani. Di conseguenza gli animali erano abbandonati a se stessi, anche se malati. Emblematico il caso citato dal Pubblico Ministero dove un cucciolo con la diarrea emorragica fu curato con una pomata oftalmica.
  • I cani venivano poi soppressi con inalazioni isoflurane o con iniezioni di Tanax effettuate senza pre – anestesia. Come è noto il Tanax da solo fa morire l’animale tra atroci sofferenze.
  • Ispezioni e controlli da parte della Asl inesistenti, sommarie e superficiali.
  • Incompletezza dei verbali e dei registri della struttura. Il registro di carico e scarico dei cani non era conforme e quindi è a tutt’oggi impossibile sapere quanti cani ospitava;
  • Utilizzo di segatura scadente per le lettiere che ha causato diversi decessi, si parla di circa 104 cuccioli. Secondo il manuale di Green Hill, per questi casi, erano previste procedute molto dolorose ai danni dei cuccioli;
  • Sfruttamento delle fattrici. A Green Hill mettevano in riproduzione anche cagne di 8 anni.
  • Mancanza di aree di sgambamento per i cani: niente passeggiate per i beagle di Green Hill solo gabbie e morte;
  • Promiscuità degli animali che entravano in contatto con le loro feci e quelle degli altri, anche malati;
  • I cani venivano calmati ed ammansiti appendendoli ad un’imbracatura per fargli perdere ogni cognizione sensoriale.
  • Foto choc. Famosa è la foto di un dipendente della struttura, con un beagle morto e il cervello esposto, che sorridente fa il gesto del dito medio
  • Comportamenti dolosi da parte dei responsabili: l’avvocato di Green Hill, Ghislane Rondot, in base i messaggi di posta elettronica acquisiti dal Pubblico Ministero, tentò di chiedere all’FBI di spiare gli animalisti impegnati nelle proteste contro la struttura, in quanto temeva che fra gli addetti ci potesse essere una talpa incaricata informazioni e immagini compromettenti alle associazioni e alle Istituzioni che chiedevano la chiusura della struttura.
  • L’intenzione da parte della struttura degli orrori di approfittare dell’introduzione di alcuni manifestanti durante le proteste del 28 aprile 2012 per “sopprimere un numero maggiore di beagle con rogna demodettica
  • Mancanza di igiene e fattore ambientale: l’interno dei capannoni non era biologicamente puro (questo è un requisito per animali destinati ad esperimenti), al punto che l’impianto d’areazione aspirava aria dall’esterno; caldo e umidità fino al 65%. Inoltre nel capannone 3 l’acqua veniva gettata sul tetto, provocando non solo stress agli animali, m favorendo i problemi sanitari come la diarrea e la rogna.

E’ una sentenza storica, un grande traguardo hanno commentato l’onorevole Vittoria Brambilla, presidente della lega italiana per la difesa degli animali e dell’ambiente e Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente, anche se troppo lieve di fronte le torture perpetrare per denaro ad altre forme viventi.

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