Sei iraniana, e il cane in affido non te lo diamo…

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Niente cagnolino in adozione per una studentessa italo-iraniana, e lo spettro del razzismo aleggia intorno a questa vicenda. Siamo su una linea che collega Bologna, Parma e Salerno, e un’adozione salta probabilmente a causa di una volontaria troppo zelante.

La lotta al randagismo ha forse troppi vincoli

Il problema del randagismo affligge il nostro Paese e non solo, e siamo tutti alla continua ricerca di una soluzione. Passiamo tantissimo tempo a cercare di sensibilizzare le persone, inneggiando alla sterilizzazione ma anche all’adozione. Non facciamo che invogliare la gente a prendere cagnolini soli, a prescindere dalla razza, piuttosto che comprarli in un allevamento. E poi alla fine siamo noi stessi a porre dei limiti invalicabili, ingiusti e fuori da ogni logica. E’ la storia di Elham M. Agili, giovane italo-iraniana che si è vista negare un’adozione per un motivo assurdo e, nello stesso tempo, tristemente ovvio. Partendo dall’inizio, Elham è una giovane donna trentenne, studente di successo all’Accademia delle Belle Arti di Bologna.

Elham appartiene a una famiglia che non ha importanti problemi economici, non ha nessun precedente penale, ha una casa adeguata a ospitare un animale e può permettersi di dedicargli, insieme alla sua famiglia, il giusto tempo e le giuste attenzioni. Da sempre Elham vuole un cucciolo, ma ha aspettato il momento giusto, per essere sicura di non trascurare nessuna esigenza che l’animale potesse avere. Nata a Sassuolo, ha vissuto in Iran dieci anni con la sua famiglia, e poi è tornata in Italia. Elham, suo padre e suo fratello hanno tutti la doppia cittadinanza italo-iraniana, e la mamma è in attesa di riceverla. Tutto perfettamente in regola al momento in cui decide di adottare un cucciolo.

Non dobbiamo fare di tutta l’erba un fascio

Elham si iscrive a un gruppo Facebook e segue con attenzione i post, tutti annunci di cagnolini in cerca di una casa, di una famiglia felice. Fra i tanti, la giovane sceglie la cucciolata che le sembra più adatta, e si candida ad adottare uno dei cuccioli. Come si usa in questi attenti gruppi, le viene inviato un questionario, atto a capire se la ragazza abbia i giusti requisiti per prendere un cagnolino; il test va benissimo, Elham viene contattata telefonicamente da una donna di Salerno, la città in cui si trovano i cuccioli, adottabili in tutto il nord Italia.

A quel punto le viene detto di contattare una volontaria di Parma per definire gli ultimi dettagli, ma qui la situazione si complica. La volontaria fa una serie di domande a Elham, domande cui ha già ampiamente risposto sul questionario, fino a che le viene chiesto se avesse mai posseduto un cane.

Elham onestamente dice di no, e quando le viene chiesto il motivo, spiega che, avendo vissuto in Iran, non le era consentito dalla legge tenere un cane in un condominio. A quel punto la conversazione cambia passo, la volontaria afferma di non essere convinta e di volersi consultare con le sue colleghe; ma tendenzialmente non è propensa ad accettare la richiesta di Elham. Le dice che trova molto strano il fatto che una famiglia iraniana voglia un cucciolo, e che non si fida della sua nazionalità. Elham si arrabbia, minaccia di denunciare la volontaria per razzismo; ma quest’ultima non si scompone, e ribatte che la colpa è del suo popolo, che condanna gli animali.

A nulla valgono le parole di Elham, non le viene concesso neanche il secondo incontro usuale, il cucciolo non può adottarlo. Ora, se è vero che ci deve essere molta attenzione nell’affidare un cucciolo, è anche vero che non si può precludere una possibilità a una persona perché non apprezziamo la sua nazionalità. Ed è talmente difficile trovare persone disposte ad accogliere un cagnolino sfortunato nella propria casa, che perderne una equivale a privare di un’opportunità quel povero animale, che non necessariamente ne avrà un’altra. Bisognerebbe stare più attenti a non superare quel sottile confine che divide la premura dalla discriminazione.